martedì 20 dicembre 2016

LAUREA & LAVORO: UN MATRIMONIO NON PIU’ PERFETTO Serve davvero una laurea per trovare lavoro?. E’ il quesito che da anni, ormai, incalza tra giovani aspiranti lavoratori, ma non solo. Sono tanti anche coloro i quali, ormai più in avanti con l’età, si guardano indietro con un carico di rimpianti sulle spalle per non aver intrapreso altre strade al posto di un, più o meno lungo, percorso di studi che magari non ha soddisfatto le proprie ambizioni lavorative; o ancora, vi è chi è riuscito a trovare un proprio posto nel mondo lavorativo, facendo a meno del titolo di studio universitario e che, dunque, non si pente minimamente della propria scelta.  Sono molteplici, insomma, le circostanze che portano persone di tutte le età a chiedersi se davvero, oggi giorno, sia indispensabile completare un lungo e faticoso percorso di studi, pagando rette annuali di entità non indifferente, per poi inserirsi in un contesto sociale lavorativo. Altrettanto molteplici sono le risposte di segno contrario a tal quesito che arrivano dalla realtà di tutti i giorni: tra numerosi laureati ancora in cerca di occupazione, giovani che, arresi dinnanzi all’evidente difficoltà, tentano fortuna all’estero e persone che, non avendo terminato o neppure intrapreso l’università, riescono a contribuire allo sviluppo della società con un degno lavoro, sembra quasi che il termine “laurea” mal si sposi ormai con la parola “lavoro”. Vi è sempre meno collaborazione tra laureati ed aziende pronti ad accoglierli per sfruttare le loro capacità pratiche ed intellettuali. Sembra esser venuto meno, quindi, con gli anni, quel ‘ponte’ che costituiva uno stabile collegamento tra le aziende in cerca di personale e laureati che riuscivano così ad affacciarsi in modo immediato al mondo lavorativo. Si, perché storicamente, negli anni 60-70, la laurea era equivalente alla formula: “lavoro sicuro”. Questo in quanto il laureato veniva contattato direttamente dalle aziende e l'accesso al mondo del lavoro era praticamente alla portata di tutti, o meglio, a portata di…laurea! Già negli anni 80-90 l’assioma ‘laurea-lavoro sicuro’ aveva perso consistenza pratica, ma nonostante questo, si faceva fatica a credere che un laureato non trovasse occupazione in tempi più o meno celeri. Oggi, sembra andare esattamente in questa direzione. Un excursus storico che mostra una parabola discente in tema di occupazione conseguente alla laurea, che però non deve portare a sottovalutare tale titolo di studio il quale, almeno su un piano strettamente individuale, comporta sicuramente una formazione culturale non indifferente oltre ad essere requisito minimo per l’accesso a numerosi concorsi che richiedono un voto minimo di laurea. Non una bacchetta magica, dunque, ma uno ‘strumento’ che, se ben utilizzato può comunque portare a numerose possibilità. Fondamentale, peraltro, è la tempistica: in tal senso riecheggiano ancora le forti dichiarazioni del Ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti il quale, nel 2014,  dichiarò che “laurearsi a 28 anni con 110 e lode non serve a niente, meglio a 21 anni con 97!”. E a ben vedere, sembra che effettivamente vada proprio così. Gran parte delle aziende, infatti, oggi sono propense a valorizzare un neolaureato anche al di sotto del 100 ma che si dimostra da subito sveglio e perspicace. La perspicacia dunque, gioca un ruolo chiave, nel lavoro come nella vita. Al di là di qualsiasi statistica, al di là di qualsiasi voto o titolo di studio: se il lavoro non chiama, gli si può andare incontro. Servono buona volontà eperspicacia, appunto. Volgendo lo sguardo al futuro e adoperandosi nel presente, nulla è precluso, per alcuno. Dipende da ognuno di noi, solo da noi, in fondo. Niente paura, quindi, soltanto coraggio. Giovani e meno giovani, laureati e non, lo slogan perfetto ce lo da Marianne Williamson: “la nostra paura più profonda non è di essere inadeguati, la nostra paura più profonda è essere potenti oltre misura”.  Mirko Antonini

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